Le conseguenze della guerra nella società locale

Le Conseguenze della Guerra nella Società locale


L’inserimento nel contesto italiano delle nuove province cambiò una serie importante di riferimenti, mentre era necessario avviare i processi di ricostruzione nei territori attraversati duramente dal fronte e riorganizzarvi il tessuto economico e sociale.

Per Trieste ed il suo porto le cose cambiarono di molto: ora la città doveva integrarsi in un sistema, quello italiano, che fino a quel momento aveva rappresentato la concorrenza nel controllo dell’Adriatico; al posto dell’Austria-Ungheria, suo naturale entroterra, ora nel Centro Europa vi erano una serie di Stati diversi e sovrani.

Le conseguenze della guerra sulla popolazione del Friuli Orientale furono pesanti: oltre ai caduti, decine di migliaia furono gli orfani di guerra e le vedove di guerra, che avevano diritto a pensioni e risarcimenti; migliaia furono gli edifici distrutti o danneggiati in modo grave. Le città di Gorizia e Monfalcone erano in larga parte distrutte, così anche le industrie, alcune di dimensioni notevoli, come i Cantieri navali di Monfalcone. Per quanto riguarda l’agricoltura, oltre ai danni ai terreni, devastati o incolti, era stato praticamente distrutto il patrimonio zootecnico.

Anche l’inserimento del Goriziano nel contesto italiano non fu facile: il tradizionale sbocco commerciale dei prodotti agrari locali rappresentato dai territori asburgici era venuto meno, mentre il nuovo mercato interno, quello italiano, si presentava pieno di concorrenti. Anche il cambio sfavorevole corone/lire finì col danneggiare i ceti più deboli: se i prodotti che affluivano sui mercati avevano i nuovi prezzi in lire, stipendi e risparmi si trovavano ad avere un valore del 60% in meno.

Una nuova ondata di povertà stava colpendo le Terre liberate. La produzione agricola stava calando e la corresponsione dei danni di guerra non procedeva in modo equanime, stando alle denunce dei deputati locali. La rinascita passava necessariamente attraverso la ricostruzione, possibile anche grazie agli indennizzi per danni di guerra subiti.

Tra le industrie che vennero rapidamente rimesse in funzione grande importanza ha il Cantiere navale triestino di Monfalcone, che rimase di proprietà degli armatori Cosulich e la cui attività riprese rapidamente, cercando di adeguare la produzione alle richieste del mercato, realizzando anche carrozze ferroviarie e idrovolanti. Negli anni ’20 dallo stabilimento monfalconese uscirono alcune motonavi passeggeri all’avanguardia, quali la Saturnia e la Vulcania.

Saturnia e Vulcania: le due motonavi da record. I due grandi e leggendari transatlantici furono costruiti dal Cantiere di Monfalcone alla metà degli anni Venti per conto della Cosulich Line

Saturnia e Vulcania: le due motonavi da record. I due grandi e leggendari transatlantici furono costruiti dal Cantiere di Monfalcone alla metà degli anni Venti per conto della Cosulich Line

Un aspetto particolare della ricostruzione furono gli interventi per le chiese danneggiate o distrutte, significativo vista l’importanza storico-artistica del patrimonio edilizio sacro, ma anche per l’evidente centralità che la chiesa aveva nel tessuto sociale. La scelta nella ricostruzione di dare spesso un aspetto romanico alle nuove chiese veniva a rimarcare la necessità di evidenziare la radice latina di queste terre e, conseguentemente, di ribadirne l’italianità.

Una delle attività che più segnarono l’immediato dopoguerra fu, nelle zone già attraversate dal fronte, il recupero di materiali bellici: questi rappresentavano una vera e propria miniera di metalli e materiali collocabili sul mercato. Il pericolo stava però nel maneggiare ordigni inesplosi, tanto che molti perirono in questa ricerca, che all’epoca poteva rappresentare una pericolosa fonte di guadagno.

Con il dopoguerra nacquero nuove forme di associazionismo culturale. Nel 1919 venne fondata a Gorizia la Società Filologica Friulana, dedicata al goriziano Graziadio Isaia Ascoli, glottologo che aveva studiato a lungo il friulano.

Per iniziativa pubblica nacque anche la Deputazione di Storia Patria per il Friuli (con decreto del 15 dicembre 1918), con il compito “di raccogliere e pubblicare, per mezzo della stampa, studi, storie, cronache, statuti e documenti diplomatici ed altre carte che siano particolarmente importanti per la storia civile, militare, giuridica, economica ed artistica del Friuli”.

L’attenzione per la cultura locale, per il folklore in genere, ricevette durante il fascismo un notevole stimolo, sottolineato però come variante locale della più complessa realtà culturale italiana, mentre a livello scolastico l’italiano in quanto unica lingua della nazione tendeva a “mortificare” dialetti ed idiomi locali, se non come espressioni particolari dell’unica lingua e nazione italiana. In questo contesto lingue come sloveno e croato non trovavano posto.