La neutralità della Santa Sede in questo frangente fu una grande novità. Mentre clero e vescovi dei diversi paesi in guerra erano spesso coinvolti e partecipi nel sostenere lo sforzo bellico della propria nazione, la Santa Sede si propose come un’entità sovranazionale, sforzandosi di intervenire a sostegno delle popolazioni civili duramente colpite dagli eventi bellici e cercando di favorire ogni iniziativa diplomatica che potesse risolvere il conflitto. In questo senso cercò di sostenere l’avvio di trattative tra il nuovo Imperatore Carlo I d’Austria e l’Italia e le altre potenze dell’Intesa, appellandosi anche al presidente statunitense Wilson.
Uno degli episodi più significativi fu la nota del 1 agosto 1917 in cui Benedetto XV definì la guerra “inutile strage”.
Il papa, riconoscendo “gli orrori della terribile bufera che si era abbattuta sull’Europa”, si manteneva in una “perfetta imparzialità”, al fine di facilitare una “pace giusta e duratura”.
Questi tentativi, nei quali va riconosciuta una grande forza morale e profetica, non vennero presi in seria considerazione dalle potenze belligeranti, che non riuscirono a fare proprio il messaggio fortemente spirituale del pontefice.
Ma questa era una grande novità. I cappellani militari dei diversi eserciti finivano alla conta dei fatti ad essere sì vicini alle sofferenze dei soldati, ma avevano anche il delicato compito di fornire un sostegno non solo morale ma anche patriottico, di motivare i soldati nel loro dovere di combattere per la propria Patria. Così anche molti esponenti dell’episcopato non si ponevano su posizioni neutrali, anzi non mancavano di sostenere pubblicamente la propria nazione. Anche in Italia, dove i rapporti tra Stato e Chiesa non erano ancora del tutto risolti, proprio in occasione della Guerra erano stati ripristinati i cappellani militari (con un vescovo per l’esercito: mons. Angelo Bartolomasi) e almeno una parte dei vescovi propose letture fortemente patriottiche del conflitto.